Marianna Amico Roxas discepola ed interprete di Angela Merici
Perché l'istituzione mericiana giungesse in Sicilia, è stato provvidenziale che vi fossero, in alcune diocesi dell'isola, dei vescovi provenienti dal Nord Italia, dove avevano potuto conoscere e apprezzare la Compagnia. A Caltanissetta c'era mons. Intreccialagli, a Siracusa mons. Bignami e a Palermo mons. Lualdi. Fu proprio quest'ultimo, milanese di origine e conoscitore della Compagnia di S. Orsola, che fin dal suo arrivo a Palermo, nel 1910, cercò di trapiantarla nell'isola.
Aver trovato a Palermo anime desiderose di consacrare la propria vita a Dio fu come la "spinta" che lo indusse a operare in tal senso, facendo opera di sensibilizzazione e promozione diretta e indiretta, sollecitando il maggior numero di persone, in particolare i confessori e i direttori spirituali.
Ritenendo che il terreno fosse stato sufficientemente preparato, avendo coinvolto alcune persone, tra le quali la baronessa Maria Giglio Tramonte, mons. Lualdi ritenne necessario inviar questa, insieme ad altre due, a Brescia e a Milano, con lo scopo di ricevere dall'originario gruppo lombardo lo spirito della Compagnia e la formazione propria delle Figlie di Sant'Angela.
Ma il viaggio non potè effettuarsi e Giulia Vismara, allora superiora della compagnia di Milano, già al corrente dei passi fatti in Sicilia, si offrì spontaneamente di venire a Palermo per incontrare le giovani interessate al problema vocazionale. Per rendere possibile la sua venuta, Mons. Lualdi, appena fu a conoscenza della disponibilità della Vismara, inviò una lettera al card. Ferrari di Milano, pregandolo di autorizzarla a venire in Sicilia. E Giulia Vismara giunse a Palermo il 16 marzo 1912, accompagnata da tre membri della Compagnia milanese.
D'accordo con mons. Lualdi venne organizzato un corso di Esercizi Spirituali, durante il quale la Vismara ebbe modo di informare e istruire i futuri membri della Compagnia sulla Regola e di trasmettere lo spirito di Sant'Angela.
Tra le partecipanti a quegli Esercizi Spirituali vi erano Marianna Amico Roxas, Elvira Bartolozzi e Caterina Vassallo di San Cataldo. Erano state invitate da mons. Alberto Vassallo, da tempo alla ricerca di una forma di consacrazione "secolare" che non fosse necessariamente legata al convento e che permettesse di realizzare la vocazione di molte giovani restando in famiglia.
Il 6 maggio 1912 è la data che segnò una svolta decisiva nella vita di Mariannina e fu determinante per la nascita della Compagnia di S. Orsola in Sicilia: ricevendo dalla stessa Giulia Vismara l'incarico di essere "guida" del gruppo di S. Cataldo, Mariannina sentì che la sua vita era segnata da un preciso disegno di Dio: seguire Cristo nella strada tracciata da
S. Angela nella Regola, fondare la Compagnia nella diocesi nissena ed essere madre di una famiglia spirituale, di tutte quelle giovani che si sarebbero consacrate a Dio nell'istituzione mericiana.
«Angela Merici, Madre e Maestra» così leggiamo sulla base della statua che si trova nella basilica di San Pietro a Roma, e tutti gli scritti della santa bresciana ne sono una conferma; per esempio:
- ella ama le sue Figlie «de una in una» «ad una ad una» (Legato II);
- si preoccupa dei loro bisogni materiali («Sareti sollicite et vigilante a cognosser et intender del deportarse delle vostre figliole, et savere delli suoi bisogni spirituali et temporali». «Sarete sollecite e vigilanti per conoscere il comportamento delle vostre figliole, e rendervi conto dei loro bisogni spirituali e temporali», Quarto Ricordo, 1);
- le guida con amore, sa correggere con carità... («Voi pur fati l'officio vestro, corregendole con amore et caritade se le vede-reti caschar in qualche errore per qualche fragilitade humana». «Voi fate nondimeno la vostra parte correggendole con amore e carità se le vedrete cadere in qualche errore per qualche fragilità umana», Ricordo VIII, 7).
Sfogliando le lettere di Marianna ci accorgiamo come anche lei senta dentro di sè rinnovarsi, per un dono gratuito di Dio, lo stesso dono della maternità che era stato della Santa Fondatrice, e come in lei palpiti un cuore di madre che si preoccupa anche della salute fisica della sue figlie:
«Curati molto e comincerai ad uscire quando sarai del tutto libera da ogni disturbo e rinfrancata di forze. Sai che le ricadute sono peggiori della prima malattia».
«Ti raccomando di non stancarti e di stare all'orario per il vitto, specialmente alla mattina. Nutrisciti bene e ti ricordo di usare il pane leggero. Piglia poi tutto il riposo che ti è necessario, dormendo anche dopo il pranzo (almeno un'ora)».
Questo - come già detto - solo per fare qualche esempio, perchè sono veramente tanti i passi che contengono raccomandazioni e consigli che testimoniano della cura e delle attenzioni che aveva per ognuna delle figlie.
Attraverso le sue lettere Marianna Amico Roxas appare autentica maestra spirituale e, leggendole, possiamo farci meglio un'idea della solidità dei suoi insegnamenti, che hanno come centro Gesù Eucaristia.
Sprona le sue figlie a vivere nell'abbandono fiducioso alla volontà di Dio, che guarda sempre con amore di predilezione le sue spose; a non lasciarsi abbattere dalle prove, ma a lottare con umiltà e tenacia:
«Tieniti sempre disposta a fare la volontà di Dio e mostrati docile e gentile coi tuoi. I nostri parenti vedano in noi ricopiato il carattere della Santa Madre e cioè piene di dolcezza e soavità... Durante il giorno pensa a Lui e vivi della sua vita eucaristica, nascosta e tutta amore per le anime».
«Non sono le pratiche esterne, sia pur solenni e devote, che ci devono bastare per contentare lo Sposo delle nostre
anime, ma è un nuovo movimento del cuore, un palpito sempre nuovo, e soprattutto un atto della più ferma volontà di sempre meglio perseverare, di togliere dal nostro cuore qualche cosa, anche un'ombra che dispiace a Gesù e che perciò ci tiene da Lui lontane e fredde nel suo divino servizio».
«Gesù vuole che tu deponi ai suoi piedi una volta per sempre la tua volontà... E sempre con la sicurezza assoluta che Egli ti ama, di amore particolare e ti ha arricchita con la più grande di tutte le grazie, qual è la santa vocazione!».
Sono espressioni queste che fanno eco a quanto troviamo nel capitolo quinto, versetti 40-43, e nel Proemio, ai versetti 4-5 della Regola di Sant'Angela:
«Riceve ogni mio pensar, parlar et operare; ogni mia cosa, finalmente, così interiore come exteriore: il che tutto offerisco avanti e' piedi della tua divina Maestade. Et ti priego che tu te degne de riceverlo, benché ne sia indegna». «Ricevi ogni mio pensare, parlare ed operare; insomma: ogni cosa mia, tanto interiore quanto esteriore. Tutto io offro ai piedi della tua divina Maestà. E ti prego, degnati di riceverlo, benchè io ne sia indegna»;
«Poi che, figliole et sorelle dilettissime, Dio vi ha concessa gratia de separarvi dalle tenebre de questo misero mondo, et unirve insiema a servir a sua divina Maiestade, haveti da ringratiarlo infinitamente, che a voi specialmente habbia concesso sì singular duono». «Poiché, figliole e sorelle dilettissime, Dio vi ha concesso la grazia di separarvi dalle tenebre di questo misero mondo e di unirvi insieme a servire sua divina Maestà, dovete ringraziarlo infinitamente che a voi specialmente abbia concesso un dono così singolare».
Padre Macca, che molti di voi conoscono, in una conferenza tenuta a Brescia l'11 febbraio 1985, ha dichiarato che «nel clima di rinnovamento della Chiesa del suo tempo, Angela vive in sè eccezionalmente il mistero della Chiesa 'sposa' e sente e accoglie Cristo come lo Sposo, e risponde a Cristo come al 'dolce e benigno Sposo Gesù'»..
In una relazione tenuta a San Pietro di Sorres (SS) nell'agosto del 1988 la signorina Elisa Tarolli, qui presente, quasi facendo eco a padre Macca, ha detto:
«Angela sente in maniera singolare Cristo come Sposo, e come Sposo lo accoglie e come Sposo lo segue e come tale lo consegna alle sue Figlie».
Marianna Amico Roxas ebbe sempre vivo il senso del rapporto sponsale con Cristo e tutte le sue lettere ne danno conferma; mi limito a citare solo alcune espressioni contenute nella lettera a Giulia Vismara del 5 agosto e in quella del 30 novembre 1912: «... Se potessi arrivare anch'io ad avere un cuore puro come dev'essere quello di una vera Sposa di Gesù Cristo!». «Prego Sant'Angela ed aspetto che la via si appiani, tutto offrendo per il bene delle anime a Gesù unico nostro amore e Sposo».
Dietro un'immaginetta ha scritto: «Il Dono Singolare [vocazione] mi sia pegno di quella unione beata con lo Sposo Divino, di quell'eterno gaudio a cui anela l'anima mia!».
E probabilmente indirizzata ad un sua Figlia, nel giorno della Professione religiosa ( così allora si diceva), in un bigliettino così scriveva: "Gesù oggi ti ha stretta al suo Cuore col sacro vincolo delle nozze d'amore: ti ha chiamata sua Sposa e vuol teco dividere le sue pene, i suoi dolori.
Coronati, dunque, della sua corona di spine, stendi le mani e i piedi ai chiodi dell'umilazione e della mortificazione, rivestiti di povertà e di pazienza, di dolcezza e di carità; immolati a Dio sull'altare del sacrificio, rinnegando ad ogni istante te stessa per la sua gloria e per la salvezza di quelle anime che da te si aspettano parola, esempio, preghiera.
Sant'Angela ti chiuda nel Cuore di Gesù e ti ottenga con la sua potente intercessione quella corona di gloria che non ti sarà tolta in eterno».
Chissà quante volte la Serva di Dio, Mariannina, avrà meditato le parole della Santa Madre «Pregovi con tutto il core, vogliate esser sollicite et vigilantissime a fozza di tante curiose pastorelle sopra questo celeste grege a voi nelle mani dato», «Vi prego con tutto il cuore che vogliate essere sollecite e vigilantissime come tante solerti pastorelle verso questo celeste gregge messo nelle vostre mani...».
Nel 1928 così scriveva alla Vicaria e alle Assistenti della Compagnia (così venivano chiamate allora le Consigliere ) di San Cataldo: «... Confido in voi! Cioè nel vostro zelo. Voi sarete le vigilanti pastorelle, sorelle e madri onorande, come dice Sant'Angela, ed unite insieme di un sol pensiero e di un sol cuore, intente a sostenere e guidare il celeste gregge di Sant'Angela... Ora io desidero vivamente che in principio di Quaresima vi sia il pascolo di una buona predicazione, in forma di ritiro».
A mons. Giovanni Rizzo scrive: «L'Opera di Sant'Angela è affidata ad una creatura che risponde perfettamente al nulla e forse anche peggio», ma pur nella consapevolezza della sua nullità, Mariannina sa che il Signore la chiama ad essere guida di una schiera di vergini che intendono seguire la via tracciata da Angela Merici e non esita a spendere tutte le sue energie e il suo tempo per adempiere a questa missione e per far nascere la Compagnia anche in altre diocesi della Sicilia.
Non è un caso che dall'iniziativa e dall'influsso diretto della Serva di Dio, oltre a quella nissena, siano nate:
- la Compagnia di Catania (canonicamente eretta nel 1929 e diretta fino al 1939 dall'Amico Roxas)
- la Compagnia di Piazza Armerina (EN), nata nel 1957 dal distacco dai gruppi di quella diocesi fino ad allora appartenenti alla Compagnia nissena e, quindi, diretti dalla Serva di Dio;
- la Compagnia di Caltagirone (CT), fondata nel 1939 con l'attiva collaborazione della Serva di Dio che per questo motivo vi si recò diverse volte.
Nella sua attività di fondatrice, la Serva di Dio dovette affrontare varie difficoltà e lottare soprattutto perché non fosse travisato il pensiero della Santa bresciana.
Talvolta accadeva che alcuni parroci non capivano lo spirito della Compagnia ed avevano la tendenza a intromettersi, vedendola solo come una associazione o terz'ordine laicale, a servizio quasi esclusivo dei bisogni della parrocchia e quindi alle dipendenze del parroco.
Ma per Marianna Amico Roxas non era così. La Compagnia non era una semplice associazione e non poteva limitarsi alla dimensione parrocchiale: era un istituto autonomo, riconosciuto dalla Santa Sede e costituiva una forma di autentica consacrazionea Dio. A tale riguardo, l'interpretazione della Regola e l'insegnamento della Vismara erano per lei molto chiari.
C'era il rischio, inoltre, che se si fosse accettata l'intromissione di ogni parroco alla guida dei singoli gruppi, la natura della Compagnia poteva essere fraintesa e perdere l'unitarietà di indirizzo a livello diocesano.
Per questo, non rinunciando alle sue convinzioni, si oppose energicamente a parroci e confessori invadenti, arrivando persino a sciogliere il gruppo di Figlie di Sant'Angela dove non esistevano le condizioni di autonomia e di libertà.
La stessa energia mostrò anche nell'ostacolare coloro che in alcune diocesi siciliane avrebbero voluto trasformare i gruppi di figlie di Sant'Angela in comunità religiose, travisando così lo spirito della Regola e il volto laicale della Compagnia.
E proprio Sant'Angela nel 5° Ricordo dice: «Arricordatigli che per le case se deporteno bene, con bon intelletto, con prudentia et modestia...Ditigli che, voglia dove le se ritrovan, le dian bon essempio» «Raccomandate che nelle case si comportino bene, con buon volere, con prudenza e con modestia... Dite loro che, in qualunque luogo si trovino, diano il buon esempio».
In una lettera a Chiarina Maiorana così scrive: «Sant'Angela ci ha lasciate in famiglia e dobbiamo esercitare in essa un apostolato di carità per quanto possiamo...».
E ancora in un'altra lettera alla Maiorana scrive: «Il Signore ci priva delle persone care e dei conforti umani per farci ricordare che Egli tiene luogo di tutti. Egli è padre, madre, è tutto. Solleviamoci da questa misera terra e pensiamo alla vita beata che ci attende, al possesso di Gesù nostro amore in eterno!».
Sembra di sentire Sant'Angela quando dice: «In su alzen le sue speranze, et non sopra la terra. Habbien Iesu Christo per il suo sol tesoro, perché lì sarà ancor l'amore» «Mettano lassù le loro speranze, e non sulla terra. Abbiano Gesù Cristo come unico loro tesoro, perché così avranno in Lui anche il loro amore».
Il cuore di Mariannina, Serva di Dio, si colma di amarezza quando constata che il pensiero della Santa Fondatrice viene sminuito o travisato.
A Giuseppina Merisi in una lettera del 7.7.1931 scrive: «...Oh! in questo momento sì grave per l'avvenire della Compagnia in Sicilia, io proprio avrei il sacro dovere di portare e far penetrare la parola viva edificante quale l'appresi da quella santa e grande anima... E soprattutto vorrei dire tutto il mio rammarico per questa nuova forma che si è voluto dare all'opera di Sant'Angela, cioè la comunità con abito proprio...»
E, in conclusione, non si può che ribadire come Mariannina Amico Roxas, abbia avuto sempre la lucidità e la visione chiara di chi vive nella propria vita la volontà di Dio ed è chiamata ad attuarla nella storia, lottando per questo contro ogni ostacolo e ogni deviazione.
La fede e la certezza di rispondere ad una missione divina non l'abbandoneranno mai e sono le caratteristiche che, nella storia della Chiesa, si ritrovano nei fondatori.